Tim. Amos Genish cerca la fiducia nonostante l’effetto Iliad

Amos Genish, AD di TIM ammette: “l’entrata di Iliad sul mercato italiano ha sconvolto i nostri piani”. Sono forti e molto chiare le dichiarazioni dell’ amministratore delegato del Gruppo Telecom a margine della presentazione dei conti dei primi 9 mesi del 2018. Conti che possono essere interpretati da più punti di vista ma che segnano, comunque la si metta, una perdita per TIM di ben 800 milioni. Genish però dà tutta la colpa a due fattori principali che hanno caratterizzato le telecomunicazioni di quest’anno: il passaggio della fatturazione da 28 giorni a mensile e, come detto, l’arrivo del quarto operatore mobile che ha conquistato in poche settimane ben 2 milioni di clienti e costretto Tim ad abbassare le tariffe e a sfornare una dietro l’altra, winback appetitose.

Iliad i conti non tornano
I conti di TIM non tornano. L’AD chiede fiducia e cerca di non spaccare il CDA. Ma intanto il peso di Iliad si fa sentire.

Per Genish però TIM è nella condizione di poter ridurre il proprio debito, vera priorità oggi del gruppo telco. Del resto, dice la guida di Tim, il gestore non deve temere la concorrenza e oggi può muoversi sul mercato in una posizione di leadership e forte degli investimenti sul 5G che porteranno Tim in una nuova fase di splendore.

Ora però Tim, messa sotto pressione visti i dati non proprio brillanti deve evitare la spaccatura interna. Il CDA dell’azienda non sostiene in maniera collegiale Genish e ulteriori incertezze nella governance della telco rischiano davvero di mettere in difficoltà una società che opera comunque con il peso di un debito gigantesco.

Il problema nel breve e medio periodo è il rischio di un’ulteriore scesa dell’arpu (ricavo medio per ciascun cliente) e quindi della redditività. Le contromosse prese da Tim in funzione anti Iliad rischiano tutto sommato di rivelarsi un boomerang.

Le tariffe al ribasso di Tim rischiano di annullare le possibili marginalità e anche i numeri di Kena Mobile, il second brand tirato fuori dal cappello magico per intercettare gli entusiasmi per l’arrivo di Iliad, non è detto che faccia del tutto bene a Tim.

Secondo molti analisti, i second brand a basso costo, rischiano di costringere le stesse compagnie che li possiedono ad un taglio troppo netto delle tariffe, con una concorrenza interna che potrebbe mettere in sofferenza i bilanci, tanto più in un periodo deputato ai grandi investimenti sulle nuove reti.

Insomma, i “vecchi gestori”, nel tentativo di uccidere Iliad rischiano di suicidarsi. E Tim, come detto, con 25.200 milioni di euro di debiti è un soggetto in realtà abbastanza fragile.

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